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Rivalta di Torino, inizi del '500. Sono tempi di fermenti religiosi e Gabriellina accoglie due "barba", ministri della nuova dottrina valdese che, predicando, vanno di paese in paese. Antonio Ghislandi di Giaveno, l'inquisitore generale della provincia subalpina, ne ordina l'arresto accusandola di eresia. Imprigionata e torturata, la donna rifiuta di abiurare la sua nuova fede e, al termine del processo, viene condannata a una frettolosa morte sul rogo. Con l'approvazione dell'inquisitore, che porta così a termine la crudele missione che la Chiesa gli ha affidato, viene eretto il patibolo nella piazza del castello di Rivalta. Spinta su un carro con un cappio al collo e il volto serrato nella "maschera d'infamia", la donna viene derisa, umiliata e malmenata dalla folla eccitata per la pubblica esecuzione. Gabriellina si accascerà senza un lamento, soffocata dal fumo e dal calore.